Franco Bolelli
Giocate!
Mi ha molto colpito questo libercolo di una manciata di pagine. Mi ha colpito perchè è pieno di gioia ed è scritto da una mente libera, aperta, indipendente. Mi ha colpito la capacità di non farsi influenzare da assurdi stereotipi e per l’energia positiva che sa trasmettere. Ne riporto alcuni passi.
“Giocate!” è un appello, un incitamento motivazionale, un richiamo appassionato, uno slogan evolutivo. Qualcosa di scanzonato e gioioso, quanto assolutamente serio.
Quando dico “giocate!”, non sto affatto parlando di disimpeganta futilità, beata innocenza, spensierati passatempi. Niente hobby, niente castelli in aria, niente mondo svagatamente visto con occhiali rosa. Giocare non è una cosa che si fa nella stanza apposita e in un orario definito: giocare è un’attitudine verso la vita intera. Perchè se il gioco resta confinato dentro un perimetro illusorio e consolatorio al riparo dal mondo, allore è soltanto un gioco: ma se è un modello mentale e comportamentale, allora la nostra stessa forma di relazione con il mondo ne sarà rafforzata.
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“Un bambino deve imparare che non è il centro del mondo”. Quando sento qualcuno che dice così non riesco a trattenere uno sguardo sprezzante, anzi proprio vorrei fargli male, molto male. Perchè se tuo figlio non si sente il centro del mondo, tu sei un genitore fallito. Perchè se non si sente il centro del mondo quando è piccolo, è probabile che da grande farà molto piu felici gli spacciatori di rassicurrazioni ideologiche, spirituali, sociali, psicanalitiche, che non le persone intorno al lui (quanti guai – .individuali e antropologici – scaturiscono da una labile autostima). E poi perchè se non lo metti al centro del mondo, qual bambino che l’hai fatto a fare?
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Il tuo bambino deve sentire di essere sempre e comunque il centro del tuo mondo. Il tuo bambino deve sentire – a ogni gesto, a ogni respiro – che la sua vita è inestimabilmente importante. Qualunque altra considerazione viene dopo, molto dopo.
..Perchè se fin qui vi è passato per la mente che io stia proponendo di allevare bambini egotici, vuol dire che non mi sono spiegato. Contrariamente a tante discipline spirituali, filosofiche ed educative che predicano l’annullamento, la sublimazione, il soffocamento dell’ego, non trovo nulla di sbagliato nella sovrabbondanza del senso si sè.
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Quando sostengo, anzi proclamo, che un bambino deve essere il centro del mondo, quello che voglio dire non è affatto di separarlo dalla realtà esterna, ma di nutrire la consapevolezza di sè e del mondo esterno.Nessuna contraddizione: credo che proprio chi è allenato a percepire con naturalezza se stesso come eccezione sarà alla fine più disposto a riconoscere anceh agli altri la loro personale eccezionalità.
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Il motivo per cui credo che la politica non meriti tutta l’importanza che, soprattutto da queste parti, le viene attribuita è che noi facciamo politica nelle nostre scelte e nei gesti quotidiani, facciamo politica se inventiamo qualcosa e se suscitiamo energie intorno a noi, facciamo politica se nutriamo relazioni forti e – eccoci qui – se cresciamo bene i bambini. Si chiama politica evolutiva, politica vitale: questa sì che è dannatamente appassionante. Moltiplicate le ore del giorno per il numero di persone che spendono tempo ed energia nel non entusiasmante campionario della politica e avrete una vera e propria strage di potenziali risorse umane.
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Se c’è una cosa che va trasmessa ai bambini è questa: il senso di responsabilità e il senso del gioco, insieme, mano nella mano.
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Al rapporto con un mondo spesso spiacevole, un bambino lo prepari facendolo sentire giorno per giorno sempre più sicuro di se stesso. Perchè senza questa spinta motivazionale, i desideri e i sogni dei bambini invece di prendere slancio si ripiegano su se stessi, si riducono a tristissimi “vorrei ma non posso”. Per desiderare davvero ci vuole carattere, determinazione, una certa volontà di potenza. E ci vuole qualcuno – un padre e una madre – che il carattere lo alleni, lo ottimizzi, lo valorizzi.
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Alla fine non si educa mai educando: si educa trasmettendo passione, eccitazione, voglia di migliorarsi. Si educa quando l’educazione è spinta dal vento di una forte energia motivazionale. Non si educa indossando i panni dell’educatore e costringendo un bambino in quelli dell’allievo: proprio come il miglior guerriero è quello che – attrezzato per la guerra – vince senza combattere, allo stesso modo il miglior educatore vince quando più si allontana dal suo ruolo, quanto meno ciò che insegna si pretende regola normativa, sapere sistematico cui un bambino dovrebbe adeguarsi.
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