Archivi del mese: luglio 2012

Come il libro sta all’ebook…

Stefano Montefiori dalle pagine del Corriere ieri parla di pertesa. Si, quella dell’83enne Milan Kundera che dice: “quel che mi sta a cuore in questo momento è una cosa più concreta: la biblioteca. Parte da questo Kundera per giustificare la sua “pretesa”, come la definisce il giornalista.

Partiamo dall’inizio, a giugno è stato conferito allo scrittore francese di origine cecoslovacca  un premio alla sua opera omnia conferitogli dalla Biblioteca Nazionale di Francia. Nel breve discorso a porte chiuse che lo scrittore pronuncia in occasione del conferimento del premio, dice: “non ho alcuna voglia di parlare di letteratura, della sua importanza, dei suoi valori”. Poi aggiunge “questa parola dà al premio che avete la bontà di accordarmi una strana nota nostalgica, perché il nostro tempo comincia a mettere i libri in pericolo. È a causa di questa angoscia che, da molti anni ormai, aggiungo a tutti i miei contratti, in qualsiasi Paese del mondo, una clausola in base alla quale i miei romanzi non possono essere pubblicati che sotto la forma tradizionale del libro. Affinché li si possa leggere solo su carta, non su uno schermo».

L’autore del famoso ‘L’insostenibile leggerezza dell’essere” di “Lo scherzo”, “Il valzer degli addii” e “amori ridicoli, per citarne qualcuno, ha il diritto di scegliere come viene divulgata la sua opera? La pretesa è qualcosa di anacronistico? Davanti alla tecnologia e alla sua forza centripeta di inghiottirci nelle scelte obblgate del “progresso”, cede il passo anche la volontà di un creatore, di uno scrittore che non vuole che le sue parole (come pezzi di lui) non finiscano su uno smart phone, tra le notifiche di sms, social network e via dicendo?

E’ così fagocitante l’era della comunicazione? Non è più l’era delle libertà?

“Voglio che i miei romanzi restino fedeli al libro per come lo conosco dalla mia infanzia. Fedeli al libro, e alla biblioteca”, parola di Milan Kundera.

Mi piace leggere queste convinzioni, mi piace perchè mi consola, perchè le condivido. Mi piace sapere che per qualcuno, e siamo in tanti, il libro è da possedere, conservare su uno scaffale per poterlo guardare, carezzare, risfogliare dopo un giorno, o dopo anni.

Matteo B. Bianchi, scrittore, tempo fa disse che: “Io sono un lettore di e-book. Lo sono per scelta in alcuni casi e per costrizione in altri. Continuo a preferire il cartaceo quando la lettura è un piacere. Quando il libro non solo lo voglio leggere, ma possedere e conservare alla fine della lettura, posizionarlo su uno scaffale della libreria che ho di fronte a me quando scrivo e ritrovarne il dorso colorato quando alzo gli occhi dalla tastiera. Io nei libri un po’ mi ci specchio. Sono questi libri che ho di fronte che mi hanno cresciuto e formato, è a loro che devo molto di ciò che sono. Della loro presenza fisica io sento la necessità”.


Qui, ciò che conta è poter dire alla fine: zitti tutti, lo ha detto la Rete. La fonte di democrazia suprema. Poco importa se poi quella Rete non esiste e quella che viene spacciata per iperdemocrazia dal basso è una democrazia rovesciata, cioè una illusione di democrazia, che procede dall’alto verso il basso, come il «centralismo democratico» dei partiti comunisti (il comitato centrale nominava la direzione e questa i membri dell’assemblea, anziché il contrario). Poco importa, infine, se l’intera realtà e quindi anche gli esseri umani sono considerati soltanto un unico, grande sistema informativo, una Rete di reti – questo il nuovo dogma – in cui ciò che rileva sono i numeri, la folla, anzi l’ideologia della folla, disancorata dalla realtà reale perché ormai completamente e fideisticamente immersa in quella virtuale.

Il Blog di Carlo Vulpio

Tutto sommato dobbiamo esser grati all’esplosione pervasiva della «realtà virtuale», perché può farci tornare a capire e ad apprezzare la indispensabilità della «realtà reale». Soprattutto in quella parte della sfera pubblica – la politica – in cui si vuol dare a credere che la Rete e tutto ciò che è virtuale sia la Verità, la Luce, la Via, e dunque sia sinonimo di migliore democrazia, più ampia partecipazione, vera trasparenza, perfetto meccanismo di checks and balances, controlli e contrappesi. Quando invece è vero tutto il contrario.
Questa convinzione – che tuttavia non è il frutto di una furia iconoclasta anti Internet, quanto piuttosto della disillusione di chi in buona fede aveva creduto in un sogno – si sta radicando con sempre maggiore forza non solo tra gli spiriti più critici e gli studiosi più attenti e disinteressati della Rete (Evgeny Morozov, Andy Clark), ma anche tra quegli stessi…

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