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Aria di neve a primavera

lago Viverone

Il Lago Viverone è un posto che ti fa sentire vicinissimo al cielo. Ti senti svolazzare come un uccello nell’azzurro del cielo fino a vette maestose che sembra si siano messe in fila appositamente per farsi ammirare al meglio.  Complice la giornata limpida, il panorama che si gode da questo Lago racchiuso tra le Alpi e l’anfiteatro morenico di Ivrea è una delle poche pause rilassanti degli ultimi anni.

Lo splendore della giornata, il sole (finalmente), l’acqua blu in cui le nuvole rare si specchiavano, mi hanno fatto respirare come non mai. Poi c’era il venticello pizzicherino venuto direttamente da quelle vette e che portava sul viso la freschezza tipica della neve. Un contrasto davvero incantevole per i sensi: il sole caldo, i colori cangianti e l’aria di neve.

Spero di poterci tornare presto e di fare una bella camminata.


La Festa della Mamma.

si presenta son Violetta

Mi piace questa immagine che ritrae una filastrocca composta mentre ero in attesa di mia figlia. Mi sembra ancora impossibile, come nel momento esatto in cui vidi quel profilo durante l’ecografia. Forse ero più stupita ancora alla prima ecografia, quando sentii il suo battito cardiaco mentre la guardavo nel monitor: era un esserino con testa, corpicino e piccolissime  gambette. Il tutto in meno di tre cm in tutto.
In quel momento, ricordo, il concetto di vita e del suo inizio, cambiò radicalmente. Rimasi folgorata. Quel suono, quel cuoricino che batteva regolare, è il suono più rivoluzionario che abbia mai sentito. Almeno lo è stato per me.
Per lei, per Violetta che sgambetta, farei qualsiasi cosa. Che sia sempre più spesso criticata per questo, poco mi importa. La maggior parte sono persone che non hanno conosciuto l’amore, almeno non come l’ho conosciuto io.

Domenica è la Festa della Mamma, ennesimo contentino per donne.
Per di più mi pare di avere un’idea di cosa possa essere il lavoretto che hanno messo insieme per l’occasione all’asilo.
Temo proprio che sia una specie di ritratto della madonna con tanto di fiorellini attorno. Sorbole. Meno male che è la festa delle mamme, altrimenti…. 🙂

Ma si, supererò anche questo.


Noia

Io detesto la gente. Forse arrivo a contare sulle dita di una mano chi sopporto. Tranne mia figlia che amo immensamente. Non sono un animale sociale. È sempre stata una fatica la socialità di qualunque tipo. Ma almeno non mi affanno più a cambiare. Mi piace così.
Ho  bisogno della solitudine. Del mio tempo. Ho bisogno di non dover cercare di apprezzare la compagnia di qualcuno ne simulare interesse per qualche discorso. Nemmeno posso più tollerare l’ignoranza.

….tutto il resto è …. Noia..


Il vostro film.

Il prete fa del suo meglio per mettere insieme una funzione che non faccia sbadigliare tutti. Prende a descrivere il quartiere, le strade, i negozi. Poi ci invita a guardare la realtà appena descritta come se fossimo arrampicati sul campanile della chiesa dove siamo e che ci sta congelando gli arti inferiori.

Parla, parla. E’ bravo. L’ha congeniata bene la faccenda. Secondo me lo fa la sera di scrivere le prediche in base agli impegni del giorno dopo. Due funerali, un battesimo, la messa, un matrimonio. Deve essere scandita così la sua agenda. Oppure lo fa quando gli viene l’idea, come uno scrittore che riesce a mettere insieme parole interessanti solo quando gli viene l’ispirazione. Così credo che a questo prete ieri sera sia venuta l’ispirazione. Per un cristiano, dice, la morte non va vista lungo la strada, tra i negozi, i passanti, bensì dal campanile, da lì in su. La vita è una parentesi, un passaggio, finisce sempre, va oltre sempre e bisogna riuscire a guardarla da un campanile perchè da esso si vede il cielo, si vede la vita dopo la morte. Quindi, ha continuato, perchè rattristarsi per un passaggio dalla vita a qualcosa che ci porta in cielo a continuare ma in compagnia dei santi eccetera eccetera? Entrava nei dettagli, rapiva l’attenzione di parenti ed amici infreddoliti e mi era pure simpatico se non fosse stato che poi ha aggiunto una parentesi sulla bontà dei cristiani, su quanti si sono uniti a gesù per diffondere bontà e amore. Sorbole.

E’ in occasioni come queste che negli anni mi sono resa conto di come percepisco io questi accadimenti. Ho la mia ottica, inconsciamente. Non è un fatto razionale e per questo me ne accorgo  a fatica e solo in certe circostanze, appunto.  Non che sia davvero una novità. Come ora guardo la bara al centro, appena davanti al prete che parla, anzi racconta e ancora una volta dicevo mi rendo conto che non c’è più nessun funerale, qui adesso non c’è. Non c’è questa parente, non c’è. E’ quasi come fossi al di qua di un vetro. E’ come ci fosse un muro mentale che me ne separa. Al posto suo rivedo la bara che guardavo incredula diciotto anni fa. Ricordo lo stupore che avevo dentro, la sconfitta, l’immensa solitudine che mi riempiva. Ricordo il quieto risentimento e la consapevolezza che non sarei riuscita a fare più nulla. Non riesco a sentire altro ora, perchè nulla conta. Nulla esiste per me. Non riesce ad esistere. Riesco a comprendere la situazione, i sentimenti che provano gli altri, le figlie ad esempio, ma il mio spocchioso risentimento mi argina in una bolla dove altro non riesce ad entrare. Nemmeno la comprensione, che ho sempre ritenuto enormemente falsa, dato che  possiamo comprenderci l’un l’altro, ma ognuno è interprete solo di se stesso, parafrasando Hesse.
Perchè nessuno ha vissuto come ho vissuto io.
Perchè nessuno ha dovuto vivere come ho vissuto io.
Perchè nessuno vive come vivo io.

Anche ora quindi, il mio dolore è solo mio al punto da cancellare quello degli altri e da schermarmi dalla realtà. Guardo ciò che mi circonda come se la realtà fosse un film che stanno proiettando e che non mi riguarda perchè è qualcosa che esiste per gli altri, per gli attori.

Il prete continua, gesticola, ci sa fare. Penso che è proprio il suo mestiere questo. E’ riuscito a non fare addormentare nessuno. Forse è riuscito anche a non dare troppo fastidio ai parenti stretti con la sua filosofia che come è risaputo, riempie la bocca di chi sta sempre su una barca diversa dalla tua e, appunto, pontifica.

Il prete è soddisfatto, la chiosa era perfetta. Lascia il posto ad una vecchietta che si trascina una gamba e che sfodera d’un tratto una voce chiara, come da bambina mentre intona il canto che introduce a quella parte di messa dove bisogna ripetere una frase ad ogni passo. La vecchia ha un cappello verde di lana spessa e un  cappotto grigio spelacchiato. Gli occhiali sono grossi fondi di bottigila e i suoi occhi sono come zummati dalle spesse lenti. In sostanza il tira e molla, la botta e risposta, se la cantano tra loro: il prete e la vecchia. La platea non è molto partecipe: non canta quando c’è  da canatare, non si alza mai prontamente quando deve e non è che poi si impegni gran che almeno a ripetere quella frase a pappagallo ogni volta che la vecchia ha finito di leggere.
Del resto qui siamo divisi in due gruppi: i cattolici da cerimonia e mai praticanti e i buddisti che sono qui perchè hanno in qualche modo a che fare con la defunta. Guardo le sue figlie che camminano insime uscendo dalla chiesa e mi domando come riusciranno a riappacificarsi con quella che è stata fino a pochi giorni fa la loro madre.

In occasioni come questa mi appare nitida la bolla, il vetro dietro cui guardo il mondo, il distacco dagli altri che mi circondano e il loro film.


In forse

Prima il carattere o il destino?

o un nuovo inizio ogni mattino?

Prima il desiderio o il compimento?

Prima l’inganno o il presentimento?

Cosa nasce prima, l’uovo o la gallina?

O forse è solo una annosa questione sibillina?


Una specie di solitudine

Una specie di solitudine - J. Cheever

Una specie di solitudine, John Cheever.


Rassegnazione

 

(Da Canto della caduta, M. Parente)


Presente è il tempo.

Mi affretto stamattina, come sempre, ma un pensiero mi sorprende appena salita in auto.
Il tempo non esiste, esiste solo nella nostra percezione convenzionale.
Sono io che lo rallento o lo faccio correre svelto a seconda delle aspettative del presente. Il desiderio lo spinge senza ansietà verso un momento futuro altrove, mi lascia guardare in prospettiva senza affanni. Le aspettative rancide lo capovolgono, si mette a testa in giù, guarda indietro. Non è nella sua natura e non si trova bene in quella posizione, quindi diventa circospetto, centrifugo, per poi collassare nel non senso.

Il tempo non è un meccanismo versatile. Come le aspettative.

L’auto in ombra è sovrastata dalla luce del sole che ci passa sopra andando ad accendere i colori degli alberi della strada che sale in paese. Sotto in ombra, mi godo lo spettacolo. Respiro il paesaggio delle foglie cangianti che sono un po’ ovunque. I colori rispolverano il ritmo ideale del tempo che ricomincia a girare nella mia testa, costante.

Perchè il tempo è solo nel presente.

Il resto fa parte dell’ottica umana del dover raggiungere qualcosa o di accettare di averlo mancato.

Per questo l’impulso che diamo al tempo non deve essere eccessivo, ma accondiscendente. Un po’ lavativo, come una carezza ad un gatto. Senza aspettative, senza anelare, senza pensare ad un punto risolutivo.

Il tempo non porta soluzioni, le soluzioni le ha in sé, proprio nel suo snodarsi inesorabile.

E un astronomo disse:
Maestro, parlaci del Tempo.

E lui rispose:
Vorreste misurare il tempo, l’incommensurabile e l’immenso.
Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere il corso del vostro spirito secondo le ore e le stagioni.
Del tempo vorreste fare un fiume per sostate presso la sua riva e guardarlo fluire.

Ma l’eterno che è in voi sa che la vita è senza tempo
E sa che l’oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il sogno di oggi.
E ciò che in voi è canto e contemplazione dimora quieto
Entro i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono disseminate nello spazio.
Chi di voi non sente che la sua forza d’amore è sconfinata?
E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è racchiuso nel centro del proprio essere,
E non passa da pensiero d’amore a pensiero d’amore, né da atto d’amore ad atto d’amore?
E non è forse il tempo, così come l’amore, indiviso e immoto?

Ma se col pensiero volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre,
E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il futuro con l’attesa.

Kahlil Gibran


Nebbiolina sui campi.

Nebbiolina sui campi. Così si è presentata stamattina la campagna circostante con fare inaugurale. Voleva proprio mettersi in mostra. Eccola lì, è la prima volta quest’anno. I campi spogliati del granturco settimane fa, offrono la terra come giaciglio alla nebbiolina che li carezza quasi, rassicurante, rimanendo però sospesa. Quella foschia densa, sa di inverno imminente.
L’umidità bagna strada, auto, cancellate. L’aria fresca fresca può essere fumata come in ogni vero autunno che si rispetti. Quando arriva quella nebbiolina sui campi, so che non potrei mai andarmene da qui.

I colori cominciano a tingersi di tutte le tonalità che vanno dal marrone al rossiccio, per ora è una mescolanza di verdi anche se ormai già rassegnati al tramutarsi. Un paesaggio da bere. Da mangiare. Da gustare assaporando il privilegio di essere qui, ad annusare la terra umida. Lontano dalla città.

In lontananza la cascina della gattaia. Davani un campo spoglio, un po’ assalito dalla sterpaglia. Al suo fianco sinistro, la maledetta roggia che si è trascinata fin lì’ il piccolo Milaos. Rabbrividisco rivedendo la scena del suo salvataggio. Spostando lo sguardo verso destra, la collina che ospita il paese con alcune case a fare da spartiacque. Gli alberi, i gelsi, lungo la stradina che sale. Fa freddo. Significa camino, legna, carta da giornale. Il cervello macchina, organizza, prevede. Si, sabato inaguro la stagione del camino, assolutamente.

 

 


Irreale realtà.

E’ un pò come stare dentro ad una sorta di acquario. Ci sono cose che percepisco snodarsi nella realtà: mi sento nella realtà. Forse perchè ne fa parte ciò che riesco a controllare.

Poi ci sono altre cose, fatti, momenti, dinamiche che non fanno parte della realtà perchè sono una mia rappresentazione. Più che altro l’andamento di qualcosa che fa su e giù dentro di me. Quegli aspetti del carattere che si fa sempre fatica a controllare, a tenere a bada.
Che sia ad una svolta lo sento perchè succede sempre quando mi ammorba la mancanza di tempo.

Certo è che, dopo la doppia curva in discesa nel verde, avvisterò da lontano casa e io e Violetta saremo felici.