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La Festa della Mamma.

si presenta son Violetta

Mi piace questa immagine che ritrae una filastrocca composta mentre ero in attesa di mia figlia. Mi sembra ancora impossibile, come nel momento esatto in cui vidi quel profilo durante l’ecografia. Forse ero più stupita ancora alla prima ecografia, quando sentii il suo battito cardiaco mentre la guardavo nel monitor: era un esserino con testa, corpicino e piccolissime  gambette. Il tutto in meno di tre cm in tutto.
In quel momento, ricordo, il concetto di vita e del suo inizio, cambiò radicalmente. Rimasi folgorata. Quel suono, quel cuoricino che batteva regolare, è il suono più rivoluzionario che abbia mai sentito. Almeno lo è stato per me.
Per lei, per Violetta che sgambetta, farei qualsiasi cosa. Che sia sempre più spesso criticata per questo, poco mi importa. La maggior parte sono persone che non hanno conosciuto l’amore, almeno non come l’ho conosciuto io.

Domenica è la Festa della Mamma, ennesimo contentino per donne.
Per di più mi pare di avere un’idea di cosa possa essere il lavoretto che hanno messo insieme per l’occasione all’asilo.
Temo proprio che sia una specie di ritratto della madonna con tanto di fiorellini attorno. Sorbole. Meno male che è la festa delle mamme, altrimenti…. 🙂

Ma si, supererò anche questo.


Angelo di carne

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Damien Hirst – Anatomy of an angel


Il vostro film.

Il prete fa del suo meglio per mettere insieme una funzione che non faccia sbadigliare tutti. Prende a descrivere il quartiere, le strade, i negozi. Poi ci invita a guardare la realtà appena descritta come se fossimo arrampicati sul campanile della chiesa dove siamo e che ci sta congelando gli arti inferiori.

Parla, parla. E’ bravo. L’ha congeniata bene la faccenda. Secondo me lo fa la sera di scrivere le prediche in base agli impegni del giorno dopo. Due funerali, un battesimo, la messa, un matrimonio. Deve essere scandita così la sua agenda. Oppure lo fa quando gli viene l’idea, come uno scrittore che riesce a mettere insieme parole interessanti solo quando gli viene l’ispirazione. Così credo che a questo prete ieri sera sia venuta l’ispirazione. Per un cristiano, dice, la morte non va vista lungo la strada, tra i negozi, i passanti, bensì dal campanile, da lì in su. La vita è una parentesi, un passaggio, finisce sempre, va oltre sempre e bisogna riuscire a guardarla da un campanile perchè da esso si vede il cielo, si vede la vita dopo la morte. Quindi, ha continuato, perchè rattristarsi per un passaggio dalla vita a qualcosa che ci porta in cielo a continuare ma in compagnia dei santi eccetera eccetera? Entrava nei dettagli, rapiva l’attenzione di parenti ed amici infreddoliti e mi era pure simpatico se non fosse stato che poi ha aggiunto una parentesi sulla bontà dei cristiani, su quanti si sono uniti a gesù per diffondere bontà e amore. Sorbole.

E’ in occasioni come queste che negli anni mi sono resa conto di come percepisco io questi accadimenti. Ho la mia ottica, inconsciamente. Non è un fatto razionale e per questo me ne accorgo  a fatica e solo in certe circostanze, appunto.  Non che sia davvero una novità. Come ora guardo la bara al centro, appena davanti al prete che parla, anzi racconta e ancora una volta dicevo mi rendo conto che non c’è più nessun funerale, qui adesso non c’è. Non c’è questa parente, non c’è. E’ quasi come fossi al di qua di un vetro. E’ come ci fosse un muro mentale che me ne separa. Al posto suo rivedo la bara che guardavo incredula diciotto anni fa. Ricordo lo stupore che avevo dentro, la sconfitta, l’immensa solitudine che mi riempiva. Ricordo il quieto risentimento e la consapevolezza che non sarei riuscita a fare più nulla. Non riesco a sentire altro ora, perchè nulla conta. Nulla esiste per me. Non riesce ad esistere. Riesco a comprendere la situazione, i sentimenti che provano gli altri, le figlie ad esempio, ma il mio spocchioso risentimento mi argina in una bolla dove altro non riesce ad entrare. Nemmeno la comprensione, che ho sempre ritenuto enormemente falsa, dato che  possiamo comprenderci l’un l’altro, ma ognuno è interprete solo di se stesso, parafrasando Hesse.
Perchè nessuno ha vissuto come ho vissuto io.
Perchè nessuno ha dovuto vivere come ho vissuto io.
Perchè nessuno vive come vivo io.

Anche ora quindi, il mio dolore è solo mio al punto da cancellare quello degli altri e da schermarmi dalla realtà. Guardo ciò che mi circonda come se la realtà fosse un film che stanno proiettando e che non mi riguarda perchè è qualcosa che esiste per gli altri, per gli attori.

Il prete continua, gesticola, ci sa fare. Penso che è proprio il suo mestiere questo. E’ riuscito a non fare addormentare nessuno. Forse è riuscito anche a non dare troppo fastidio ai parenti stretti con la sua filosofia che come è risaputo, riempie la bocca di chi sta sempre su una barca diversa dalla tua e, appunto, pontifica.

Il prete è soddisfatto, la chiosa era perfetta. Lascia il posto ad una vecchietta che si trascina una gamba e che sfodera d’un tratto una voce chiara, come da bambina mentre intona il canto che introduce a quella parte di messa dove bisogna ripetere una frase ad ogni passo. La vecchia ha un cappello verde di lana spessa e un  cappotto grigio spelacchiato. Gli occhiali sono grossi fondi di bottigila e i suoi occhi sono come zummati dalle spesse lenti. In sostanza il tira e molla, la botta e risposta, se la cantano tra loro: il prete e la vecchia. La platea non è molto partecipe: non canta quando c’è  da canatare, non si alza mai prontamente quando deve e non è che poi si impegni gran che almeno a ripetere quella frase a pappagallo ogni volta che la vecchia ha finito di leggere.
Del resto qui siamo divisi in due gruppi: i cattolici da cerimonia e mai praticanti e i buddisti che sono qui perchè hanno in qualche modo a che fare con la defunta. Guardo le sue figlie che camminano insime uscendo dalla chiesa e mi domando come riusciranno a riappacificarsi con quella che è stata fino a pochi giorni fa la loro madre.

In occasioni come questa mi appare nitida la bolla, il vetro dietro cui guardo il mondo, il distacco dagli altri che mi circondano e il loro film.


Venuto al mondo… bis

Questa donna scrive con la pancia, senza pudore, senza tergiversare. Scrive solo ciò che sente, senza occuparsi di tutto il resto. Non da quasi l’impressione di aver scritto una “storia”, bensì che scriva ciò che esce dilaniato dalla pancia della protagonista del romanzo. Solo quello.

Forse è poco bilanciato, equilibrato, qualche volta le scappa l’eccesso che non ci sta dentro proprio, l’eccesso che sbava verso il melodramma da serial tv. Per tutto il resto è una ferita aperta raccontata con il coltello tra i denti.

ps: il segnalibro era (quasi) involontario.


Venuto al mondo.

image

M. Mazzantini .


Morale.

Emanciparsi dalla moralità, è essere amorali?

E’ questo un periodo niente male. L’andamento tipico di alcuni meccanismi miei tipici fa uno spettacolo da circo molto divertente. Eppure non c’è molto che io possa fare.

Mi infastidiscono gli impegni, le date fisse, le decisioni irrevocabili. Tanto non riesco a rispettarli. Di che colore metto le mutande stamattina? “Non finisco niente” è un’insegna al neon che lampeggia sempre più spesso.

Poi mi innervosisce avere sonno, la sera, perchè è il tempo per me, per leggere, per scrivere. Invece è un periodo che sono stanca, alle dieci crollo. Mi sento tanto nonna pina…ma senza tagliatelle.

Mi infastidisce la gente, non sopporto guardarla, sentire i discorsi al bar, le solite menate di lavoro, di callosità fastidiose, di razzismi di varia portata. Stamattina al bar,  due donne parlavano di 50 sfumature de sta roba  grigia ecc. che dovrebbe essere letteratura erotica secondo alcuni. Un fenomeno letterario. Sono stata sul punto di invitarle a lettere la Grandes, oppure, facilmente  reperibile on line, Valerie Tasso.

 

Valerie Tasso
“Antimanuale del sesso”
No. C’era dell’altro. Credoci fosse un bisogno che prevaleva su tutti gli altri; c’era il bisogno di essere me stessa, un essere umano che si riconferma nella propria umanità sessuata, che vuole, tramite questa, sperimentare la sua condizione più profonda, i punti nodali del suo sistema affettivo, i limiti della corporeità el’odore dell’eccesso.
C’è un altro motivo, forse un po’ più difficile da spiegare, a sostegno della mia convinzione che«ho rapporti sessuali perché sono un essere sessuato», ed è che uscire da questa causa ultima significa entrare inevitabilmente in questioni morali, e ne abbiamo abbastanza che la morale si intrometta in questioni di sesso.

link: http://www.scribd.com/doc/64236658/Valerie-Tasso-ale-Del-Sesso


Fake sorprendenti.