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Poesia fotografata

Poesia fotografata


Felicità

Sono giorni e giorni
di un’unica felicità
sola
rimasta: ascoltare il suo respiro
infantile,
nella notte immobile
per me insonne,
con il viso paffuto
spalmato dalla luce del lampione
qui fuori dalla sua finestra.


Linearità amniotica

D’improvviso me l’hai mostrato,
stamattina
piccola mia,
quel sorriso familiare.
E’  inattesa vittoria
di infinito,
è stupore,
è nostalgia e ricordo e odore e gioia,
è linearità amniotica,
è duplicato materno perduto
ricomparso ora,
sul tuo viso sorridente d’infanzia,
che bagno con lacrime gioiose,
è sconfitta definitiva della morte.
Dolce eterno.


In forse

Prima il carattere o il destino?

o un nuovo inizio ogni mattino?

Prima il desiderio o il compimento?

Prima l’inganno o il presentimento?

Cosa nasce prima, l’uovo o la gallina?

O forse è solo una annosa questione sibillina?


Rassegnazione

 

(Da Canto della caduta, M. Parente)


Niente Vittorini, ma Volo si?

Leggo quasi ogni domenica l’inserto de Il Corriere della Sera, La Lettura.

Alcune settimane fa mi sono imbattuta in un articolo che trattava di studenti e nuove tecnologie, forse perchè il ministro aveva buttato lì che ci voleva il tablet in classe. Voglio dire, la tecnologia deve essere presente ovunque? Non so, io credo di no. Cmq, detto questo, ci tenevo a proporre un piccolo richiamo ad un’intervista a Duccio Demetrio, docente di Filosofia dell’educazione all’Università Bicocca di Milano

Fa notare che “la deconcentrazione continua è una vera patologia: i ragazzi sono sottoposti a ripetuti attraversamenti di altri linguaggi”.
Poi aggiunge: “nelle scuole superiori le occasioni per avvicinarsi alla lettura vengono affidate ai programmi tradizionali che oltretutto, per quanto riguarda la letteratura, non comprendono il mondo contemporaneo, quello che potrebbe interessare di più gli studenti. Perché non far leggere Ammaniti o la Tamaro o anche Volo? Perché non studiare iniziative semplici che coinvolgano gli studenti e i testi in modo attivo? Insomma dovremmo interrogarci su che cosa viene proposto per creare un’abitudine alla lettura”.
A me queste interviste fanno paura: voglio dire, niente D’Annunzio ma Ammaniti?

Niente Pavese, Montale, Svevo o Vittorini, ma Fabio Volo che è più semplice?

Con questo Demetrio, alla fine, un caffè lo prenderei, quanto meno perchè poi ci mette una pezza: “la lettura richiede solitudine, silenzio, ritorno alla propria intimità mentre la caratteristica delle nuove generazioni sembra invece il bisogno di relazionalità, di confronto pubblico”.

 

L’articolo: Spegnete sms e tablet, i ragazzi non sanno leggere. link.


Non dire nulla.

Non dire mai nulla.
E’ la regola aurea del buon vivere.

Non dire nulla. Non dire mai nulla a nessuno.
Non dire, mai nulla. Non dire mai nulla.
Poi non dire mai nulla, mai nulla, mai.

Mai e poi mai.
Non dire mai nulla. Non dire mai nulla, ma nemmeno con gli occhi.
Nulla.  Mai.
Non dire, nulla. Ma non dire mai nulla.

Che tutto quello che dirai, prima o poi, sarà usato contro di te.


Ah che sarà …

…Ah che sarà che sarà che vive nell’idea di questi amanti
che cantano i poeti più deliranti
che giurano i profeti ubriacati
che sta sul cammino dei mutilati e nella fantasia degli infelici
che sta nel dai e dai delle meretrici
nel pianto derelitto dei bambini

ah che sarà che sarà
quel che non ha decenza ne mai ce l’avrà
quel che non ha censura ne mai ce l’avrà
quel che non ha ragione.

(Oh che sarà I. Fossati)


Scrivere: un posto …

La scrittura non è un movimento della mano. Non si risolve nelle dita che battono frenetiche no?. Non è sovrapponibile ai tecnicismi dei corsi di scrittura creativa. La scrittura è un posto libertario. Un’oasi. Un mondo a parte dove ci si risolve a patto di non essere avari di sé. Non ci si deve risparmiare. Nascondere, dissimulare, svelare “quasi” tutto: no, non si può.

Ti porti il lettore per pagine e pagine, gli racconti qualcosa per poi abbandonarlo un attimo prima, un metro prima, una manciata di righe prima di arrivare fino in fondo? perchè vuoi nasconderti? non vuoi osare? perchè pensi magari che ciò che non è facilmente condivisibile non sia adatto?
Ecco, questa è una sensazione che si percepisce da lettore. Lo senti che si, magari è un bel romanzo, un bel racconto, una bella poesia, ma manca qualcosa. C’è uno scarto che lascia smarriti, irrisolti.  Come camminare con un sassolino nella scarpa.

Amaro caglio rinsecchito da ripari banali di standardizzazioni convulse. Lo standard. Potrei scrivere un romanzo sullo standard (ma finirebbe con l’essere l’ennesimo incompiuto nel cassetto). Un virus che si è diffuso così tenacemente da essere accettato come un elemento necessario e fisiologico. Per esempio la sofferenza si deve mostrare e scrivere inzuppata nel dramma muovendola senza precipizi, senza disperazione. Magari senza molta instrospezione eh, che scoccia. La gente si scoccia. Scrivi poesie meravigliose, ma sono spesso tristi, mi ha detto, e non si possono leggere cose tristi sai? Ma la sofferenza è poesia.

C’è ancora posto per la poesia? C’è ancora posto poi per l’osceno? no, abbiamo standardizzato comodamente anche l’osceno (così come la sua accezione) perchè l’isterica diffusione di tutto –  ma ben appiattito – da la sensazione che niente ci sia più da scoprire.

Il posto dove il nuovo vive, dove l’emozione, la vertigine, il fervore del vivido c’è sempre, esiste. E’ quel mondo a parte che batti con le dita, che crei o ricrei, che accoglie generoso il tutto, tu e gli altri.  Fermarsi un pezzettino prima è da stronzi no? Come un amante che si lesina, che risparmia di conoscere i tuoi millimetri e percorsi per usarne abilmente, muovendosi su un livello sterile, senza pretendere tutto, ne senza donare ogni cellula, ogni anfratto cerebrale d’istinto.

C’e sempre posto per ogni cosa, in quel posto libertario. Quel prato verde sterminato dove corri, corri, corri.

Desiderio

Sono fuggiti
come cavalli selvaggi,
saltando il recinto
i miei desideri.

Da quel tuo sguardo
in poi
galoppano
a perdifiato,
divorando senza pietà per la carne,
come ciliegie mature
che spolpano in bocca
dipingendosi di porpora le labbra.

Correndo,
correndo
correndo.


Sono solo.

Sono solo   p  a  r  o  l  e,   l e   n o s t r e

Sono solo parole, le nostre

Sono solo

p a r o l e

Sono solo parole,

parole,

parole,

parole

Sono solo parole…

parole,

parole,

parole,

parole, parole, parole…

 

 

p

a

r

o

l

e..